Molti giovani oramai lo ignorano, ma bonafficiata era -fino a pochissimi decenni fa- il nostro equivalente dialettale per “lotto”. Ne discendeva anche il modo di dire “Puozze piglià na bonafficiata!”, spesso usato in senso ampio per augurare una buona sorte. Taluni pensavano che nascesse dall’aggiunta dell’aggettivo b(u)ona al sostantivo afficiata, in cui riconoscevano l’equivalente di lotto o di vincita al lotto.Tanto è vero che ricordo di aver sentito dire: sti nummeri m’aggio ‘a jucà ‘afficiata (“questi numeri me li devo giocare al lotto”).
In realtà il termine deriva semplicemente da Beneficiata ed indicava le vincitrici di una speciale “lotteria” che si teneva a Napoli per sorteggiare periodicamente delle donzelle povere cui dare una dote in denaro (25 ducati) perchè potessero maritarsi. Tale "Lotto delle Zitelle" nacque nel tardo ‘600 e prevedeva l’abbinamento a numeri dei nomi di ragazze bisognose che, all’inizio, venivano scelte dalla Regia Camera e poi (dal 1688) da appositi appaltatori, anche su indicazione di orfanotrofi e simili. Il numero delle fanciulle ammesse variava tra 80 e 90 e solo 5 di esse vincevano la dote. Questa lotteria fu soppressa nel 1865.
Visto che ci troviamo, ricordo che gli antenati del lotto inteso come arriffa sono di notma riconosciuti nelle "borse di ventura" che di tenevano a Milano fin dal 1448 e nel "Gioco del Seminario" che si faceva a Genova fin dal 1576. (si vedano i siti web Etymos e Istitutobancodinapoli).