Tra i toponimi agerolesi che rimandono al Medio Evo vi è quello di Ischito. Le prime segnalazioni che io conosco vengono dalle pergamene di area amalfitana raccolte nel cosiddetto Codice Perris; in particolare nei documenti numero CL dell’anno 1171 e numero CCLXXXI dell’anno 1251. Il primo lo cita come at (ad) Ischito e lo ubica genericamente in Agerola, informandoci anche che tra i possessori di boschi in quella località vi erano, all’epoca, dei Iobene (oggi Iovieno), dei de Marino e dei de Pulcharo. Il secondo dei documenti citati è un atto notarile col quale due fratelli della nobile stirpe dei Capuano, in qualità di procuratori delle Scuole pubbliche di Amalfi , affittano a Filippo de Iudice, vincitore di una apposita asta, tre fondi che dette Scuole possedevano in Pianillo. Due dei tre fondi dovevano essere tra loro contigui, pur ricadendo l’uno in loco Yschitum e l’altro in loco Gemini. I confini di questa coppia di fondi vengono così descritti: a monte, fino al thorus de aqua versante (ossia sino alla cresta spartiacque) e a valle fino alla via pubblica (probabilmente quella che saliva da S. Maria la Manna verso il valico di S. Angelo a Jugo); ad occidente il confine tocca un fondo dello stesso Filippo de Iudice, mentre ad oriente esso segue i limiti dei beni di Mauro de Casanove, della chiesa di S. Cataldo di Scala, di Giovanni Bracazuli e ancora di Filippo de Iudice, per poi scendere a Gemini, ove sono i beni di Pietro, Andrea e Giovanni Amalfitano e risalire al thorus lungo il limite coi beni di Costantino de Donato. Appare quindi chiaro che la località che nel Medio Evo si denominava Ischito o Yschitum era adiacente a quella di Gemini, ponendosi probabilmente a monte di essa e un poco più ad occidente. Gemini è un toponimo che ancora si usa e corrisponde alla zona con case ed orti terrazzati presso l’imbocco del tunnel (Traforo) per Castellammare. Circa l’origine ed il significato del nome, devo innanzitutto riconoscere che presi una grossa svista quando ipotizzai che Ischito potesse in qualche modo legarsi ad Ischia, ossia Isola . Ora che ho finalmente svolto qualche ricerca in merito, posso dire che –invece- si tratta di un fitonimo; ossia un nome legato alla vegetazione del luogo. Esso nasce dal latino volgare iscŭlus, variante di aesculŭus (G. Devoto. Avviamento alla etimologia italiana, 1979. Pag. 234), che è era il nome corrente di una delle specie del genere Quercus. Secondo G. B.Pellegrini (Toponomastica italiana, 1990. Pagina 336) si tratterebbe della rovere. A pagina 457 del Tomo IV del Dizionario della lingia italiana di Paolo Costa (Bologna, 1822) si specifica che Ischio è il nome volgare della Quercus Pedunculata Lnneo (oggi riclassificata Quercus robur), ossia la farnia . Come per i casi di Cerreto/Cerrito da cerro, Carpineto/Carpenito da carpino e Faito da faio (faggio), il suffiisso collettivo –ito/-eto viene dall’antico –etum, aggiunto per indicare una zona ricca di (o popolata esclusivamente da) piante della specie indicata. Quindi Ischito ed Yschitum vengono da Ischetum = zona ricca di farnie = farnieto. In effetti, la zona acclive e rocciosa che si trova a monte di Gemini e sulla sinistra del menzionato Traforo, guardando la montagna da sud, presenta ancora oggi una vegetazione dominata da tale essenza arborea (cui si associano roverelle e specie di sottobosco), mentre tutt’intorno prevalgono i castagneti; dei boschi in buona sostanza artificiali perché dovuti alla sostituzione col castagno (da frutto in basso e selvatico a quote maggiori) delle essenze che caratterizzavano i pre-esistenti boschi naturali. Questa trasformazione fu attuata largamente sui Monti Lattari e ciò avvenne soprattutto nei secoli tra il X ed il XIII, come attestano molti documenti d’epoca che mi auguro di poter trattare in un mio prossimo articolo. Intanto voglio osservare come il fatto che –non più tardi del XII secolo- si denominasse Ischito quella zona sopra Gemini, fa pensare che il fenomeno di trasformazione dei boschi originari in castagneti avesse già pervaso ampiamente i dintorni, così da far assurgere a carattere distintivo di quell’area (adatto, quindi, ad ispirarne il nome) la sua copertura a farnie. Tornando al fitonimo, offro qualche elemento di raffronto ricordando che Emanuele Repetti, nel suo Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, contenente la descrizione di tutti i luoghi del granducato, ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana (edito nel 1835), parlando di S. Michele in Escheto, presso Lucca, segnala una carta del 1018 nella quale la località è detta Ischeto; una forma quasi identica a quella della nostra carta del 1171. Inoltre, nella citata opera di G. B. Pellegrini, vengono fatti derivare da escŭlus/iscŭlus anche i nomi di Scleto, nel perugino, di Aschieto presso Pontassieve (FI), di Schio (VI) e Costa Schio (VR).
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