Tra i post di più vecchia data che ho scritto per questo blog vi è quello che dedicai al all’origine di sìchili-péngula; una voce del dialetto agerolese che indica l’altalena e che deriva dal latino oscillum pensilis.
Lo ricordo ai lettori perché ora voglio segnalare un altro vocabolo agerolese che discende direttamente dal latino antico e si distacca decisamente dall’equivalente termine in lingua italiana.
Si tratta del termine festella (plur. festelle) che indica i primi frutti, meno numerosi e più grossi, che certe varietà di fichi portano a maturazione già verso giugno, in netto anticipo sui tanti che poi matureranno un mese dopo o più.
Aprendo una parentesi, ricordo che nel nostro dialetto il frutto è ‘a fica (plurale ‘e ffiche) mentre l’albero è ‘o pere ‘e fico (“il piede di fico”). Ma non è regola cassoluta che il frutto debba essere al femminile (come in italiano; cfr la mela, la pera, ecc.). Infatti, mentre diciamo ‘a fica, ‘a cerasa e ‘ a noce, usiamo il maschile per ‘o piro, ‘o milo e ‘o purtuallo (l’arancia).
Tornando ai frutti precoci di un fico (quelli che nei paesi intorno sono detti fioroni o musciuni) ricordo che i nostri coltivatori li chiamano festelle (singolare festella); da pronunciarsi con la prima e la terza vocale sorde, come in fenesta/e) e con la seconda “e” sonora ed aperta. Circa l’etimologia propongo quasi senza dubbi che il termine provenga dall’aggettivo latino festinus (a, um) o festinis (e) che stanno entrambi per “veloce”, “rapido”, “sollecito”, qui nel senso di “rapido a maturare”, “primizia”.
Per chiudere con una divagazione (ma parziale), voglio ricordare la famosa esortazione latina (che Svetonio attribuiva ad Augusto) Festina lente! (“Affrettati lentamente!). Sembra quasi un ossimoro, ma vuole –invece- ricordare a chi a fretta di arrivare, o di raggiungere un risultato, che accelerare troppo, affannarsi, può essere controproducente. Un po’ come il moderno “Chi va piano va sano e va lontano”.