In un articolo che pubblicai su questo blog trattai dell’origine di tre interessanti vocaboli del lessico agricolo (e alimentare) agerolese: Graurinnia, Figuriniriniea e Ssurecenignia, corrispondenti rispettivamente a “Granturco, Mais”, “Fico d’India” e “Cavia domestica”. Come si comprende più facilmente dal secondo (Figurinia), contengono tutti e tre la specificazione d’origine geografica “d’India”, che nel dialetto è diventata –r’India > -rinnia > -rignia. Come già scrissi, la cosa si giustifica col fatto che trattasi di specie biologiche che furono importate dalle Americhe, ossia da quelle lontane terre oltre oceano che Cristoforo Colombo credette essere parte del continente indiano e che furono a lungo dette Indie Occidentali.
Oggi torno rapidamente sull’argomento per ricordare che abbiamo un quarto termine di quella serie, ed è Vallurinia.
Istruiti oramai dai tre casi precedenti, anche i lettori meno esperti sapranno arguire che Vallurinia (con ultima vocale indefinita, come capita spessissimo in napoletano) sta per Gallo d’India, visto che da noi o vallo è “il gallo” (per permutazione g-v). Ma qui vale la pena di aprire una parentesi per dire che non tutta Agerola chiama il gallo vallo, ma solo quelli del casale San Lazzaro. Per gli altri la traduzione dialettale di gallo è jallo. Mette tutti d’accordo, invece, la gallina, che tutti chiamano jallina!
Tornando sul punto, resta solamente da svelare quale sia il gallinaceo che chiamiamo vallurina (“Gallo d’India”). Ebbene, trattasi del tacchino; il quale è effettivamente un pennuto di origine indiana, ma nel senso di cui sopra (e degli “indiani” dei film western), essendo stato introdotto in Europa –a partire dal secolo XVI- dall’America centro-settentrionale.
Per chiudere voglio ricordare che anche nel francese il tacchino ha un nome che allude all’India: Dindon in Zoologia e Dinde nel linguaggio culinario. Colta la saldatura (ex apostrofo) tra D preposizione e Inde (“India”), trattasi di una sorta di aggettivo sostantivato che sottintende Coq (“gallo”). E l’amico padovano Massimo Quadro mi dice che anche nel Veneto il tacchino si chiama dindio. Per l’italiano tacchino, invece, l’origine sembra essere stata di ordine onomatopeico, attingendo il suono t..c.. dal verso dell’animale.