Dell’aggettivo “pio” (dal latino pius) ci è ben nota l’applicazione a una persona o gruppo di persone, allorquando significa “che prova, mostra o rispecchia un profondo sentimento di fede e di devozione”. Ma il vocabolario Treccani ci ricorda che esso si applica a tutto ciò “che concerne la religione, il culto, la vita religiosa”, quelle “istituzioni che si propongono insieme fini di culto e di carità o di assistenza sociale”. Ne discende che la dizione Luoghi pii, equivalente a Opere pie, indica quelle istituzioni (e loro sedi) che, mosse da motivazioni religiose e solidaristiche, si occupavano di carità e assistenza sociale. A seconda di chi li amministrave, erano distinte in ecclesiastiche, laicali e miste.
Un ospedale retto da monaci di un certo ordine lo si classificava, dunque, come un Luogo pio ecclesiastico, mentre l’esempio più diffuso di Luogo pio laicale (o misto, se aggregava anche qualche religioso) è quello delle confraternite [1].
Ad Agerola le confraternite sono ancora numerose, ma ancor di più lo furono nei secoli scorsi. Su di esse raccolse molte notizie storiche il compianto Angelo Mascolo e le si può leggere nel Capitolo II della Parte VII del suo volume Agerola dalle origini ai giorni nostri (MicroMedia 2003).
Con questa mia breve nota voglio segnalare una fonte di tardo Settecento che è staata di recente resa fruibile da Google Mi riferisco al fascicolo intitolato “Nota de’ luoghi pii laicali, e misti della Provincia di Principato Citra” che ha per sottotitolo: I quali, secono la riforma fatta nel corrente anno 1788, debbono corrispondere la prestazione come segue”. Il fatto di presentarsi anonima (nessun autore indicato in copertina) mi fece subito intuire che doveva trattarsi di un allegato a una pubblicazione governativa dedicata a quella Riforma che è citata nel sottotitolo della Nota. In ciò mi confortava anche il fatto che –sempre in Google – si trovano altre Note simili, dedicate ad altre provincie del Regno di Napoli.
Scoprire quale fosse la riforma in questione non mi è stato facile, ma alla fine ci sono riuscito, scovando e leggendo il bel saggio di Nello Roga “Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro Una ricerca sulle confraternite della diocesi di Aversa nel primo periodo borbonico e nel Decennio francese” (Napoli, 2013).
Bisogna risalire al 1741, quando re Carlo di Borbone, grande riformatore, stipulò con la Santa Sede un Concordato che fissò i limiti della competenza ecclesiastica sugli luoghi pii laicali e, parallelamente, definì i seguenti regimi fiscali per i luoghi pii del l Regno di Napoli:
- a) I luoghi pii ecclesiastici, come pure le chiese e le comunità ecclesiastiche, avrebbero goduto di una tassazione ridotta al 50% di quella ordinaria per i beni acquisiti prima del Concordato, e che tali beni non sarebbero stati assoggettati ad altri tributi eventualmente introdotti in futuro per beni dei privati. Invece, ai beni acquisiti dopo il Concordato si sarebbero applicati “tutti i tributi regi e pubblici pesi che si pagano e pagheranno da’ laici”.
- b) Gli ospedali e i monti di pietà (antenati dei Monti dei pegni) godevano l’esenzione da qualsiasi tribyto.
- c) luoghi pii laicali e misti avrebbero continuato a pagare regolarmente tutti i tributi.
Fu anche istituito in Napoli un Tribunale Misto (con membri sia di nomina governativa che di nomina curiale) con il compito di vigilare e soprintendere al rispetto delle nuove norme “intorno alla vita e rendimento de’ conti degli ospedali, estaurite [2], confraternite ed altri luoghi pii laicali e misti governati e amministrati da laici, che non sono sotto l’immediata regia protezione …con l’invigilar primieramente che gli amministratori de’ suddetti luoghi pii rendano infallibilmente ogni anno i conti. Col decidere tutte le liti, che possono insorgere ad occasione ed intorno al rendimento de’ conti. Dovrà il medesimo tribunale invigilare e soprintendere che i suddetti luoghi pii sieno bene amministrati, con farsi delle lor rendite l’uso che si conviene [3], secondo la natura e gli obblighi di ciascun di essi.”
Ma veniamo ora a quell’anno 1788 che è citato nel sottotitolo della Nota qui presa in esame. Sempre dal saggio del Roga apprendiamo che quell’anno fu emesso un provvedimento col quale si obbligavano tutti i Luoghi pii laicali e misti a contribuire al mantenimento del sopracitato Tribunale Misto. Ciò doveva avvenire mediante il versamento di un contributo annuale detto “annua prestazione”.
A verificare quali fossero, in ciascun Comune, i luoghi pii amministrati da laici e, quindi, tenuti a dare quell’annua prestazione, furono i Governatori locali, le cui indicazioni consentirono di compilare –per ciasuna provincia del Regno – una Nota del tipo di quella qui presa in esame.
Detta Nota, dopo aver dato l’elenco di tutti i comuni che facevano parte della Provincia di Principato Citra (o Citeriore; quella da cui scaturirà poi la Provincia di Salerno), procedendo in ordine alfabetico, giunge presto a trattare del nostro comune, dando il seguente elenco di luoghi pii laiclali e misti
AGEROLA
Composta de seguenti Casali
CAMPORA – di Agerola
-Cappella di S. Maria di Loreto duc. 1,5
-Cappella del Rosario duc. 1,5
-Cappella del Nome di Dio duc. 1,5
-Cappella di S. Maria delle Grazie duc. 1,5
-Monte De’ Morti duc. 1,5
BOMERANO -di Agerola
-Cappella del Pio Monte nella
Parrocchia di S. Matteo duc. 1,5
-Cappella del Rosario in detta Chiesa duc. 1,5
PIANILLO -di Agerola
-Cappella del Sagramento duc. 1,5
-Monte de’ Morti duc. 1,5
-Congregazione, e Cappella del Carmine duc. 1,5
-Cappella di S. Maria della Pietà nella
Parrocchia di S. Maria della Manna duc. 1,5
-
LAZZARO -di Agerola
-Congregazione del Sagramento,
Rosario, e Morti duc. 1,5
-Cappella di S. Maria a Miano duc. 1,5
MONTEPERTUSO -di Agerola
-Chiesa parrocchiale di
-
Maria delle Grazie duc. 1,5
NOCELLA -di Agerola
-Cappella di S. Croce duc. 1,5
In questo elenco, come in altri documenti di secoli fa, il termine “cappella” non ha quell’accezione architettonica (‘vano con uno o più altari’) che è oggi dominante. Esso sta invece a indicare associazioni sorte per volontà di singoli fedeli o di gruppi (che le dotano di beni e rendite), allo scopo di adempiere a uno specificato fine di culto (di solito la celebrazione di messe dedicate) e/o di carità e assistenza. In pratica, molte delle Cappelle in elenco corrispondono a confraternite o congreghe.
La cifra che vediamo indicata a ffianco a ciascuna istituzione è la annua prestazione di cui sopra, fissata in un ducato e mezzo per tutti i luoghi pii agerolesi. Scorrendo per intero la Nota si osserva che era il minimo richiedibile, evidentemente riservato agli istituti della fascia di rendita più bassa. Ci sono poi dei casi in cui la prestazione è di 6 o addirittura di 30 ducati , come per la confraternita Madonna delle Vergini di Scafati, evidentemente molto ben dotata.
Nell’elenco sopra riportato, un altro aspetto interessante è quello di vedervi indicati come casali di Agerola gli insediamenti di Montepertuso e Nocelle, i quali sono poi passati a Positano, cui afferirono anche nel Medioevo [4].
Limitandosi ai 4 casali che sempre hanno fatto parte della universitas di Agerola (Bomerano, Campora, Pianillo e San Lazzaro), si osserva che i luoghi pii laicali o misti erano ben 13, a fronte di una popolazione comunale che contava solo 2.900 anime (vedi articolo “Quanti eravano…” in questo blog). Per raffronto vi dico che la stessa Nota porta 6 luoghi pii per Positano, 8 per Ravello, altrettanti per Pimonte, 9 per Praiano-Vettica Maggiore, 12 per Scala, 18 per Lettere-Casola e addirittura una trentina per Amalfi e suoi casali. Una proliferazione di istituti che sul pieno del culto poteva essere positiva o, almeno, innocua, ma che – sul piano delle attività assistenziali – finiva talvolta col favoritre favoritismi familiari [5]. Cose che, come viene ricordato anche nella già citaa opera del di Cicco, finiranno col indurre l’autorità centrale a istituire in ciascun comune una sola Congregazione di Carità (legge 753 del 1862), con il compito di “amministrare tutti i beni destinati ai poveri”, e poi – con la legge 847 del 1937 – a trasformare quelle congregazioni in altrettanti Enti comunali di assistenza
(E.C.A.) [6]. Con lo scopo di assistere gli individui e le famiglie che si trovino in condizioni di particolari necessità.
NOTE
[1] – Le confraternite (o con greche) sono associazioni spontanee di fedeli che, canonicamente erette (con un decreto vescovile), ma gestite da laici, perseguono il duplice scopo di promuovere il culto divino e svolgere attività assistenziali (praticare la carità cristiana) verso il prossimo . Simili associazioni cominciarono a sorgere già in epoca paleocristiana, ma fu tra il XIV ed il XVIII secolo che il loro numero esplose in tutta Europa.
2[2] – Ttermine greco-medievale che a Napoli e dintorni si trattenne nei secoli a seguire col significato di confraternita ad amministrazione autonoma.
[3] – Come ricorda Pasquale Di Cicco nel suo saggio intitolato La pubblica beneficenza nel Mezzogiorno. Dalle Opere pie all’Ente comunale di assistenza (In: “La Capitanata – Rassegna di vita e di studi della Provincia di Foggia”, XXV-XXX, 1993, pp. 73-84), questa vigilanza era tesa a contrastare, da una parte, gli abusi da parte degli amministratori di certi luoghi pii e, dall’altra, a evitare che le loro sostanze, disperdendosi per mille rivoli, venivano destinate a fini diversi da quelli della beneficenza”.
[4] – Questi passaggi meriterebbero uno studio specifico. Intanto ricordo che Montepertuso formava una universitas distinta sia da Positano che da Agerola nel 1729 (vedi in A. Bulgarelli Lukacs 1993, L’imposta diretta nel Regno di Napoli in età moderna) e che la limitrofa Nocelle è indicata come casale di Agerola tanto nel Dizionario Geografico Ragionato del Regni di Napoli di L. Giustiniani (stampato nel 1787) che nella Istorica descrizione del Regno di Napoli di G. M. Alfano (stampata nel 1823).
[5] – Si deve probabilmente a quella finale proliferare eccessiva di istituti all’interno di ogni Comune e Parrocchia (che portava al ridurrsi del numero di soci/confratelli) se il termine confraternita ha finito col significare anche, nel linguaggio figurato, il negativo significato di ‘gruppo ristretto, combriccola poco trasparente’ che non rende giustizia della nobile valenza sociale delle confraternite medievali.
[6] – Con il trasferimento dell’assistenza sanitaria alle Regioni, nel 1978 si ebbe la soppressione degli E.C.A. i cui beni e il cui personale furono trasferiti ai Comuni.