Quando i Monti Lattari si potevano attraversare in portantina

Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi

In un mio precedente articolo (Prime forme di trekking sui Monti Lattari durante il Grand Tour ottocentesco) avevo segnalato la interessante e corposa guida dell’inlese John Murray intitolata “A handbook for travellers in Southern Italy” (Londra 1868), riportandone e traducendo in italiano i brani riguardanti i consigli che l’autore dava ai viaggiatori dell’epoca (non ancora etichettati come “turisti”)  circa i vari modi di spostarsi da Sorrento ad Amalfi; tra i quali alcuni itinerari -che oggi chiameremo di trekking– che passavano per Agerola.

Del medesimo argomentro ho ora ritrovato traccia in un libro inglese che è di 40 anni più antico. Si tratta del volume  “Information and directions for travellers on the continent”; scritto da Mariana Starke e apparso, in prima edizione, nel 1828. Nelle pagine dedicate a Sorrento vengomo descritte varie escursioni nei dintorni (a Punta della Campanella, Massa Lubrense, Nerano, Torca, etc.) da compiersi a piedi o  su asino o mulo. Passando poi a trattare dei modi di andare da Sorrento ad Amalfi (altra tappa d’obbligo del Gran Tour) l’autrice descrive meno alternative di quante ne  descriverà poi il Murray; ma anche lei, dopo aver trattato le soluzioni “via mare” o misti (con imbarco alla Marina di Crapolla o allo Scaricatore) descrive le alternative “via terra”. In particolare, ne indica due: la prima passante per Castellammare, Pagani e Chiunzi; la seconda passante per S. Maria del Castello e Agerola. Sono descrizioni meno accurate di quelle che darà John Murray, ma contengono degli elementi molto interessanti. Il brano in questione è il seguente:

Travellers going by land, on mules, usually pass over the Lactarian Hills to Castel-a-Mare; thence proceeding to Pagani, (a ride of about two hours and a half,) and from Pagani ascending the lofty Mountain of Chiunzo, (by a road constructed during the reign of Murat) to Amalfi. This ride occupies about five hours and a half; and, for mules, the whole road from Castel-a-Mare to Amalfi may be called good.

Another, but a more laborious way of going by land, is as follows. From Sorrento to S. Maria Castello, either on a mule, or in a chaise-a-porteur, (hours three)—from S. Maria Castello to Agerola, on foot, (hours three). An immense flat stone, called the Passo del Lupo, lies in this path, and should be avoided; as it does not furnish safe footings. The Mountains of Agerola contain Wolves  who, after a heavy fall of snow, sometimes prowl down to Arola and the Conti. From Agerola to Amalfi, on a mule, or in a chaise-à-porteur (portantina), hours two and a half. Mules, portantini, and refreshments may be procured at Agerola. Persons who go this way to Amalfi, and mean to return back, on mules, to Agerola, should order their muleteers to wait at Amalfi with the Agerola mules; it being scared possible to procure good mules at Amalfi.

Brano che traduco come segue:

I viaggiatori che vanno (ad Amalfi) via terra, su muli, generalmente passano sui Monti Lattari fino a Castellammare[1]; poi procedono per Pagani, (una cavalcata di circa due ore e mezza) e da Pagani salgono l’alta Moutagna di Chiunzo, (con una strada costruita durante il regno di Murat) fino ad Amalfi. Questa (seconda) cavalcata prende circa cinque ore e mezza; e, per una percorrenza su mulo, l’intera strada da Castellammare ad Amalfi può dirsi buona.

Un altro modo, più impegnativo, di andare (ad Amalfi) via terra è il seguente: da Sorrento a S. Maria del Castello, vuoi su mulo che in portantina, (tre ore). Poi da  S. Maria del Castello ad Agerola, a piedi (tre ore). Su questo percorso vi è un’ampia roccia liscia chiamata Il Passo del Lupo; essa va evitata perché non offre presa sicura ai piedi. Le montagne di Agerola ospitano lupi che, dopo nevicate pesanti, scendono talvolta fino ad Arola ed i Colli (?). Da Agerola ad Amalfi, su di un mula o in portantina, due ore e mezza. Muli, portantini, e rinfreschi da viaggio possono essere procurati ad Agerola. A coloro i quali vanno per questa via ad Amalfi e desiderano ritornare ad Agerola, si consiglia di chiedere ai loro conducenti di muli presi ad Agerola di aspettarli, perché ad Amalfi non è facile procurarsi buoni muli.

Trovo interessante la notizia che nel 1828 vi era ancora una preoccupante presenza di lupi  sui monti intorno Agerola; animali che vengono ricordati anche dal toponimo Passo del Lupo e sulla cui data di definitiva scomparsa spero di ricevere notizie da qualche lettore ben informato.

La tratta S. Maria del Castello-Agerola doveva terminare a San Lazzaro, da dove si proseguiva poi lungo la zig-zagante scalinata (ancora oggi percorribile) per Tovere e  Vettica, con prosieguo verso Amalfi con la via maestra  detta “dei villaggi” (ossia dei casali periferici, occidentali, di Amalfi). La prima parte del percorso (da S. Aria del Castello a Bomerano) attraversava la spettacolare scarpata meridionale del gruppo M. S. Angelo a Tre Pizzi-M. Tre Calli, dando occasione ai colti e romantici visitatori stranieri dell’epoca di scoprirela faccia  “alpestre” della Costa d’Amalfi e di innamorarsene; un rapporto che andrà intensificandosi nel Novecento, determinando il crescente successo del Sentiero degli Dei.

Circa il pericoloso Passo del Lupo (che l’autrice consiglia di evitarela per la rischiosità delle sue rocce lisce), osservo che il toponimo è ancora usato da qualche agerolese; inoltre una carta topografica del primo Ottocento denomina in tal modo la zona sotto Carbonara (San Lazzaro) che costituisce la gola in cui passa il Rio Penise (o Schiato) quando lascia il territorio agerolese. In quella zona, un tratto della antica multattiera che inizia con Via Tuoro (recentemente  ribattezzata “Sentiero Abu Tabela” ) corre effettivamente  su un piano roccioso liscio ed inclinato, seguito a valle da un pericoloso dirupo. Se la Starke si riferiva proprio a tale luogo (e non ad un altro omonimo, situato altrove), il suo consiglio di evitarlo andrebbe inteso così: giunti nei pressi di Bomerano, per andare a San Lazzaro, fatevi portare attraverso Agerola (passando per I Villani e Ponte) e non per la mulattiera che va per S. Barbara, Furore alta, Pino e Tuoro, perché essa attraversa lo scivoloso Passo del Lupo.

Altre notizie interessanti che si ritrovano sulla guida inglese del 1828 riguardano le opportunità di noleggiare non solo muli (con relativi conducenti), ma anche delle portantine coi relativi portatori. Circa le seconde, la Stake dice che nella zona di Sorrento si trovavano sia portantive del tipo a due che altre del tipo a sei portatori. Per quelle “a due” (che credo fossero le uniche attive nella nostra zona) il nolo costava da 3 a 10 carlini, a seconda della distanza da percorrere e della durata del noleggio, pause incluse. Per farsi un’idea della cifra, si pensi che per una stanza ad Amalfi il costo riportato dalla Starke è di quattro carlini a notte.

Non credo che quel servizio di portantine fosse nato da poco in risposta alle esigenze di quei primi “tourists”. Credo, piuttosto, che fosse una “tradizione”  pre-esistente che veniva incontro ai bisogni di quei viaggiatori benestanti di vario tipo (mercanti, ufficiali, ecclesiastici, etc.) i quali –dovendo muoversi tra i centri abitati dei Monti Lattari- cercavano un mezzo che fosse più comodo di un mulo. Dato che –per l’asprezza orografica dei  luoghi- non vi erano strade rotabili e servizi di trasporto su calessi o carrozze, quella domanda fu sodisfatta adottando la soluzione delle portantine. Probabilmente esse sono state usate nell’area fin dai floridi tempi del Ducato di Amalfi, quando i clienti locali e forestieri non dovevano mancare. Ma al momento non sono a conoscenza di prove documentali tanto antiche. Posso, invece, ricordare ai lettori che quel servizio di portantine è citato da Lorenzo Giustiniani nella voce “Amalfi” del suo Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, uscito nel 1797. Ecco le sue testuali parole:

 AMALFI- Città arcivescovile e Regia in Principato Citra …. Da Napoli è lontana miglia 30. in circa. In  calesse si può giugnere sino a Gragnano, ed indi è d’uopo  farvisi portare su certe sedie, le cui stanghe i naturali di Vetilca-minore , come si dirà, fermano sulle spalle , e dal già fatto avvezzamelo, poco sentendo il peso di un uomo, fra lo spazio di ore tre fanno il loro viaggio, non senza rischio della vita di coloro, che trasportano , e della loro medesima.

Quel “come si dirà” rimanda a poche parole aggiuntive scritte più avanti;  nelle quali l’autore specifica che quella di portantini era l’unica attività economica (oltre, suppongo, la solita agricoltura di sussistenza) che i vettichesi svolgevano all’epoca. Vi si specifica, inoltre, che essi assicuravano quel servizio anche da Amalfi verso Gragnano, oltre che per altri centri collinari della zona. Il fatto che vi si dedicassero solo gli abitanti di Vettica Minore (in un periodo di diffusa povertà; vedi lo stesso Dizionario)  mi fa sospettare che ciò avvenisse in ragione di un preciso “privilegio” di esclusiva che potrebbe anche risalire ai tempi del Ducato.


[1] Non essendovi ancora la rotabile costiera, il percorso da Meta a Castellamare sfruttava le antiche strade e mulattiere a mezza costa. Da Meta a Vico Equense si andava attraverso la sella di Alberi (a circa 300 m di quota) e ancora di più bisognava salire per trovare un passaggio agevole nel ripido tratto di costa tra Vico e Castellammare, ove si usava la millenaria mulattiera S. Francesco-Fosso Sperlonga-M. Pezzulli.

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