Cenni sulla preistoria di Agerola

Se per Agerola si intende non solo l’abitato che porta questo nome, ma anche il territorio che lo ospita, allora tracciarne la storia vuol dire partire dall’inizio del Quaternario (un paio di milioni di anni fa) quando la tettonica, l’erosione e il carsismo avevano già dato forma alla nostra amena conca intramontana.

Riguardo alle primissime frequentazioni umane, non abbiamo ancora dati locali, ma basta spostarsi nella vicina isola di Capri (simile per paesaggio e una volta attaccata alla penisola sorrentina) per scoprire che questo comprensorio attrasse l’uomo già durante il Paleolitico inferiore. Ne è prova il ritrovamento di manufatti litici di tipo Acheuleano (una cultura sviluppatasi tra 750.000 e 120.000 anni fa circa) che si fece nel 1905 effettuando degli sbancamenti vicino all’Hotel Quisisana. Nello stesso luogo si rinvennero anche ossa fossili di elefante, rinoceronte e orso delle caverne. Fossili simili si erano già trovati sull’isola ai tempi in cui vi si costruivano residenze imperiali romane, come racconta lo storico Svetonio (Vitae Caesarum, 2, 72) riferendo anche che l’imperatore Augusto volle esporle nella sua casa, a costituire -per così dire- il primo museo paleontologico della storia.

Questa antica presenza di grandi erbivori fa contrasto con la piccolezza e la montuosità di Capri; ma bisogna considerare che durante le glaciazioni, il livello del mare si abbassava di un centinaio di metri e, quindi, Capri smetteva di essere un’isola, mentre ampie terre basse a prateria comparivano là dove ora sono le acque del golfo di Napoli.

 

Che la colonizzazione umana dei Monti Lattari risalga a tempi preistorici lo raccontano anche  -e siamo ancora più vicini ad Agerola- le grotte Matera e La Porta, presso Positano, con i loro strati ricchi di manufatti in selce di età compresa tra il Paleolitico superiore e il Neolitico. Vi si associano resti di pasto che dimostrano come quei nostri antichissimi progenitori effettuassero cacce di stambecco e cinghiale sui monti retrostanti.

Il boscoso altipiano agerolese, i suoi ruscelli e le sorgenti circostanti (luoghi ideali per cacciare animali all’abbeverata), dovettero certamente attrarre quassù i cacciatori delle Età della pietra e, se Agerola non ha ancora rivelato giacimenti preistorici tanto antichi, lo si deve quasi certamente alla sola mancanza di attente ricerche.

 

Dobbiamo spostarci al passaggio Eneolitico-Età del Bronzo (quasi 5000 anni fa) per trovare una testimonianza diretta di frequentazione umana di Agerola. Si tratta di un boccale in terracotta ritrovato in località I Villani e probabilmente afferente a un’antica sepoltura. Secondo l’archeologa Claude Livadie, questo boccale “a collo cilindrico, labbro estroflesso, spalla convessa poco marcata e ventre tendente al globulare”, è raffrontabile a uno simile proveniente da Altamura (Puglia) ed è riferibile alla “cultura di Çetina” (da un sito archeologico della Croazia).

Quel boccale è dunque importante perché dimostra contatti commerciali e culturali di ampio raggio, spinti almeno fino alla sponda italiana dell’Adriatico.  D’altra parte, la sepoltura de I Villani doveva appartenere a un gruppo di pastori seminomadi che stagionalmente spostavano le loro greggi, ora sui nostri monti e ora sulla piana costiera del fiume Sarno, ove era facile l’incontro con altri migranti e con naviganti.

Anche per la restante parte dell’Età del Bronzo abbiamo tracce di presenza umana nella nostra conca. Come potete leggere nel breve profilo storico di Agerola che riportano due pannelli del nostro Museo Civico (redatti da A. Cinque e D. Camardo), si tratta innanzitutto del vaso intero e dei numerosi frammenti vascolari che furono trovati circa cinquant’anni fa da Paolo Parenzan (che poi ne scrisse nel primo numero della rivista La Speleologia). A ciò si aggiungono diversi altri frammenti di grossi vasi a pareti spesse, scuri e spesso mal cotti, probabilmente riferibili alla cosiddetta “cultura appenninica”, che smottamenti e dilavamenti portano spesso alla luce lungo i sentieri di montagna. Dei frammenti simili (frammisti a materiale d’epoca ellenistica e romana) emersero –una dozzina di anni fa- anche dietro la chiesa di S. Maria la Manna, mentre si restauravano le sue pareti  absidali.

Più recentemente (ne scrive la già citata C. Livadie), delle tracce materiali dell’Età del Bronzo sono emerse in una grotticella che si apre nel fianco della gola del torrente La Rossa, non lontano da quel Ponte di Sotto su cui passa la stradina medievale da Ponte a Bomerano. Si tratta di semplici  “tracce di focolare” (suolo bruciato e ceneri) con associati frammenti di vasellame, ma ciò basta a farci immaginare una ricorrente scena di tre-quattromila anni fa: due o tre pastori bivaccano nella grotticella, buttando spesso l’occhio in basso, a vigilare i loro armenti radunati per l’abbeverata serale e il pernottamento, in fondo a quel tratto di gola così ben circoscritto da ripidi fianchi rocciosi  e salti di cascata;  un posto ideale per ridurre al minimo la necessità di recinzione e il rischio di attacchi da parte di lupi.

La presenza umana continua anche nella successiva Età del Ferro, epoca per la quale si può immaginare la presenza di un insediamento stabile. Abbiamo, infatti, la necropoli di IX-VIII secolo a.C. (in effetti un campo d’urne) che fu incidentalmente intaccata negli anni ‘70 del novecento mentre si eseguivano lavori di sbancamento presso il campo sportivo San Matteo. Alcuni dei tanti vasi estratti integri (altri finirono rotti dalla ruspa) furono mandati all’Antiquarium della Soprintendenza di Castellammare di Stabia. Altri sono invece esposti nel nostro Museo Civico di  Casa della Corte (Pianillo). Tra questi ultimi spicca un vaso biconico con anse orizzontali, decorato con bande alla base del collo, più due bugne e una banda impressa con motivo “a dente di lupo”.

Non distante dalla necropoli del Campo Sportivo doveva sorgere il villaggio di questi primi abitanti stabili di Agerola; (MANCAVA STACCO TRA  LE DUE PAROLE) forse verso la località Corona, oppure verso l’attuale centro di Bomerano. In ogni caso, sul più ampio e fertile dei ripiani coltivabili di Agerola e vicino a quella via naturale di transito che, verso Nord, sfrutta il valico di Crocella per connettersi con l’area  stabiana e, verso sud, sfrutta la valle del torrente Pennino per raggiungere quella che oggi chiamiamo la costa di Amalfi. Sono vie ancora oggi percorse dai montanari e dai trekkers che sempre più numerosi vengono a passeggiare sui nostri sentieri di antichissima origine. Quello che scendeva verso sud, giungeva alla riparata spiaggia di Marina di Praia, dove -tanto per fantasticare- possiamo immaginare degli “agerolesi” di quasi 3000 anni fa, scendere a incontrare, dei naviganti etruschi o greci che, preannunciandosi forse con qualche squillo di corno, facevano tappa per spezzare i loro lunghi viaggi nel Mediterraneo e scambiare qualche loro vaso con del formaggio o della carne.

 

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3 risposte a Cenni sulla preistoria di Agerola

  1. rtwwqq@gmail.com ha detto:

    Molto, molto interessante ed informativo, caro Aldo!
    I deale per la Scuola Media ed anche a livello universitario.
    Grazie moltissime. Aldo Cundari.

  2. Ciro ha detto:

    Grande Maestro !
    Ciro.

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